La grotta della fertilità

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Sarebbe più opportuno chiamarla la Grotta del Trono o della Fertilità, per la grande stalagmite che la contraddistingue e i millenari riti ad essa legati, ma sulle carte la troverai indicata con il nome di Grotta del Tanaccio. Si trova appena sopra l’abitato di Casoli (Camaiore, Lucca), incastonata nella suggestiva falesia rocciosa del monte Gegoli.

Come raggiungere la Grotta del Tanaccio

Vi si arriva con una mezzoretta di cammino, lasciando l’auto a Trescolli, un gruppo di case un poco più a monte di Casoli, e imboccando prima il sentiero CAI 106 per la foce di San Rocchino, e poi il sentiero CAI 107.

Si fa fatica a distinguere l’ultima parte del sentiero e, se è la prima volta che percorri quella traccia e non ha elementi per orientarti a vista, ti consiglio un’app come Avenza Maps e di scaricarti la carta delle Apuane Meridionali: ti sarà assai preziosa per raggiungere la grotta.

In ogni modo, queste sono le coordinate della grotta (GPS fuso 32 UTM WGS84): E 605339; N 4868962

La grotta del Tanaccio: ingresso con "il trono del Papa".

Il trono del Papa

La gente del posto chiama quella roccia “il trono del Papa” e non puoi fare a meno di vederla, appena hai di fronte l’ampio imbocco della caverna. È una colonna stalagmitica che l’uomo ha modellato secoli anzi millenni fa, fino a darle la forma di un grande sedile.

La seduta è cava, proprio laddove dovremmo poggiare il sedere c’è un’ampia vasca circolare e notiamo subito che i bordi sono molto levigati a differenza delle altre parti del manufatto; segno di uno sfregamento assiduo. Chissà quante persone si sono sedute qui.

Dal soffitto della grotta, con un lento stillicidio due gocce d’acqua cadono, una nel bacino della seduta, l’altra in un’altra più piccola cavità circolare, proprio sulla sommità dello schienale.

La Grotta del Tanaccio: il "trono del Papa".

Da luogo sacro pagano a cristiano

Due grandi croci sono incise, la prima, sul fronte dello schienale, la seconda sul bordo laterale destro. Segni evidenti, questi, di una precisa volontà di cristianizzazione.

Sì, perché il perdurare di culti pagani nel nostro territorio, e altrove, fu un bel problema fin dai primi secoli dell’era cristiana. Tanto che Carlo Magno in persona, nel 789, fu costretto a emanare l’Admonitio Generalis con la quale, appunto, ammoniva chiunque nel regno frequentasse luoghi del genere e ordinava la distruzione di pietre, alberi, fonti e altri manufatti presso i quali i pagani si ostinavano a perpetrare i propri riti. E se proprio la popolazione si fosse rivelata particolarmente affezionata a quei luoghi, al punto da rivoltarsi contro eventuali “esorcizzatori”, si poteva ovviare incidendo su quelle pietre dei segni di croce e traghettandoli, così, dal vecchio al nuovo credo.

Come si sa, anche la fede è spesso e soltanto questione di nomi ed etichette.

La Grotta del Tanaccio: segni di croce.

La grotta della fertilità

E proprio questo deve essere accaduto anche qua, nella Grotta del Tanaccio.

Un luogo che la popolazione ha frequentato (almeno) dal Neolitico per chissà quale scopo, e che fu debitamente cristianizzato al pari di tantissimi altri dopo l’ammonizione di Carlo Magno.

Tanto è vero che la popolazione locale più anziana, ancora oggi, ricorda un’usanza praticata fino alla metà del secolo scorso, quando le donne, dopo aver partorito, facevano seppellire la placenta del nuovo nato proprio qui, all’interno della grotta. Traccia lapalissiana, questa, di una particolare vocazione della grotta per l’esercizio di culti legati alla fertilità.

Il “trono del Papa” potrebbe, quindi, essere assimilato ai cosiddetti “scivoli della fertilità”, cioè a quelle pietre presso le quali, da un passato recente a epoche perse nella protostoria, le (aspiranti) partorienti si recavano con la speranza, sfregandosi ad esse e ripetendo chissà quale millenaria ritualità, di auspicare a sé e al nascituro una lunga e sana vita.

Ne è testimone, appunto, l’usura del bordo della seduta del “trono”: solo uno sfregamento assiduo e continuo può lisciare la pietra in quel modo. C’è addirittura chi ha ipotizzato che questa pietra fosse un “seggio da parto”; difficile pensarlo, data la scomodità della seduta. Piuttosto, considerando la cavità atta ad ospitare l’acqua caduta dal soffitto della grotta e, probabilmente, ritenuta sacra, possiamo immaginare che le partorienti o le puerpere si sedessero qui, bagnando in essa il proprio bacino.
In pratica, siamo di fronte a una sorta di grande acquasantiera nella quale si immergeva il sedere anziché le mani.

Che cosa dice l’archeologia

Gli scavi sono stati condotti dapprima nel 1867 e poi nel 1914. Da allora, fatta eccezione per un riesame nel 1971 dei reperti emersi all’inizio del secolo scorso, nessuno ha più posato il piccone nella grotta. Fatta eccezione per i clandestini, ovviamente.

Il terreno della grotta ha restituito frammenti di ceramica di “impasto poco depurato” e tredici pallottole di “impasto meno rozzo” attribuibili al “Neolitico primitivo”. Poi ossa di animali – caprioli, capre e maiali – e umane, segno che la grotta fu usata anche come luogo di sepoltura. Altri reperti litici – schegge di selce e cuspidi di freccia – appartengono probabilmente a una cultura eneolitica.

Oggi, la grotta è sfiorata da numerosi appassionati di arrampicata che vengono qui, anche dall’estero, per cimentarsi sulla falesia del Gegoli – ne incontriamo parecchi lungo il sentiero e appesi alla roccia. Nessuno di questi sa che, a un passo dai loro moschettoni, c’è un trono di pietra sul quale per millenni si è celebrato il miracolo della donna e della vita.

La verità non è sulle vette né sulle impervie pareti. Il segreto si cela – sempre – nel cuore della pietra.

Chissà, magari prima o poi lo capiranno anche loro.

La Grotta del Tanaccio: la falesia del monte Gegoli.

Bibliografia

Paolo Mencacci, Michelangelo Zecchini, Lucca preistorica. Lucca, 1976.

Fabrizio Darmanin (a cura di), Toscana da scoprire. Camaiore e i segreti della sua valle. Storia, natura, archeologia, speleologia. Arts Edizioni, 2018

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